10 novembre 2006

Pentole e Provette. Nuovi orizzonti della gastronomia molecolare

di Dario Bressanini [Le Scienze 435]


Pentole & provette. Nuovi orizzonti della gastronomia molecolare.
di Hervé This
I Saggi del Gambero Rosso, 2003, pp. 254 (euro 16,00).

Filtrare, riscaldare, raffreddare lentamente o bruscamente, mescolare, portare all'ebollizione, diluire, aggiungere ghiaccio, mettere in frigorifero. Sono gesti di tutti i giorni in un qualsiasi laboratorio chimico in qualunque parte del mondo. E sono le stesse operazioni che chiunque fa in cucina, dal più famoso degli Chef alla massaia. Non a caso, i chimici in laboratorio parlano scherzosamente di "ricette" quando seguono elaborate procedure per sintetizzare una molecola. Non deve stupire, perciò, se un chimico-fisico appassionato di gastronomia decide di mettere la scienza al servizio della buona cucina. Hervé This lavora all'Istitut National de la Recherche Agronomique a Parigi e tiene da anni una rubrica di "scienze in cucina" per Pour la Science, edizione francese di Scientific American. Il suo Pentole & Provette sta diventando rapidamente un testo sacro della "gastronomia molecolare", l'insolita disciplina che studia la buona cucina dal punto di vista dei processi chimici, fisici e biologici che avvengono nelle pentole, nelle padelle e nel resto dell'attrezzatura gastronomica. Può sembrare strano che su Le Scienze si parli di un libro dove maionese, brodo, marmellate e soufflé la fanno da padroni. Ma è almeno altrettanto strano che un testo che descrive la cottura della carne attraverso lareazione di Maillard delle proteine, e l'annerimento della frutta tagliata tramite l'azione della polifenolossidasi sia pubblicato tra i saggi del Gambero Rosso. Eppure Hervé This ci avvisa che non c'è contraddizione: che cos'è la gastronomia se non l'arte dei processi fisici e chimici che avvengono durante la preparazione e la degustazione dei cibi? Il libro è diviso in quattro sezioni composte di agevoli capitoletti di un paio di pagine ciascuno. Nella prima si indaga su detti, proverbi e tradizioni culinarie: è vero che per fare il brodo la carne deve essere immersa nell'acqua fredda? E che i bianchi d'uovo non montano se si cambia senso di rotazione durante l'operazione? E perché si dice che gli gnocchi sono cotti quando vengono a galla? A volte i consigli della tradizione trovano il conforto dell'indagine scientifica, a volte vengono clamorosamente smentiti dall'esperimento, e scopriamo che per preparare un buon brodo è ininfluente la temperatura iniziale dell'acqua. Così come inserire un cucchiaino nel collo di una bottiglia aperta di spumante o champagne non ne impedisce assolutamente la perdita d'effervescenza, nonostante una credenza popolare affermi questo. La seconda sezione esplora la fisiologia del gusto, e veniamo a sapere che la bocca identifica solo cinque sapori: i quattro "classici" (dolce, salato, amaro, acido) più l'ultimo aggiunto, l'umami (termine giapponese che significa semplicemente "gusto"), che potremmo identificare grossolanamente nella sapidità. Sapore per altro già noto da secoli alla cucina orientale che ne sfrutta spesso le caratteristiche aggiungendo ai cibi del glutammato monosodico, stimolatore del gusto umami. La fisiologia del gusto è in realtà più complessa, continua This, perché ad esempio pare esistano ben cinque diversi tipi di "amari", ognuno con dei recettori specifici. La terza parte del libro è dedicata all'esplorazione e alla modellizzazione di molti processi gastronomici: dalla preparazione delle marmellate a quella delle gelatine o della besciamella, dove ci viene suggerito, su basi rigorosamente scientifiche, come evitare la formazione dei grumi, vergogna di ogni cuoco. Il vino ovviamente non poteva sottrarsi alla curiosità scientifica di un chimico-fisico francese, e svariati capitoli gli sono dedicati. La quarta parte, "una cucina per domani" è forse quella più stimolante. Se la scienza è in grado di indagare i meccanismi gastronomici, perché non provare a modificare e migliorare le ricette della tradizione in base alle conoscenze acquisite? O addirittura inventare nuove ricette? Per esempio, la crema Chantilly è una mousse preparata sbattendo la panna con la frusta in un recipiente freddo. Analizzando il processo, This si chiede se si possa creare un "cioccolato Chantilly". E, in un attimo, ecco fatto! Subito preparata una mousse di cioccolato che, contrariamente a quella classica, non ha bisogno di panna fresca o albume montato a neve. Alla fine della lettura del libro rimane solo un piccolo rimpianto: This è francese, e giustamente si addentra nei segreti della gastronomia transalpina, tra foie gras e Champagne, reblochon e quiche lorraine. La cucina italiana è però altrettanto interessante (e gustosa) e sarebbe bello che prima o poi qualcuno ci raccontasse con la stessa passione la chimica del pesto o la termodinamica della pizza...

09 novembre 2006

La Scienza della Pizza

di Dario Bressanini [Le Scienze 453]

L'impasto e la lievitazione sono fondamentali per la riuscita di uno dei piatti Italiani piu' famosi nel mondo: meglio affidarsi alla chimica e alla termodinamica

In molte famiglie resiste ancora la tradizione di preparare la pizza in casa impastando acqua, farina e lievito. Una conoscenza dei processi chimici e fisici che avvengono durante la preparazione dell'impasto può aiutare noi pizzaioli casalinghi a preparare una pizza migliore. Esistono vari tipi di farine, ottenute macinando i più svariati cereali, ma quella utilizzata per preparare la pizza è la farina di frumento che contiene circa il 70% di amido, un carboidrato, e tra l'8% e il 13% di proteine. La farina di frumento si distingue da molte altre per presenza di due proteine, la glutenina e la gliadina, che a contatto con l'acqua formano un complesso proteico chiamato glutine, che dona all'impasto quell'elasticità e plasticità fondamentali per trasformarlo in pizze, focacce e pane di mille forme diverse.
Un altro ingrediente fondamentale e' il lievito, il cui scopo è di produrre anidride carbonica, usata per gonfiare l'impasto. I lieviti sono organismi viventi unicellulari che appartengono al regno dei funghi. Questi organismi, comunemente usati per produrre pane e bevande alcoliche, a contatto con l'acqua, attraverso il processo di fermentazione, trasformano gli zuccheri presenti in anidride carbonica e alcool. Quando sciogliete in acqua il lievito dovete avere l'accortezza di usare acqua tiepida ma a temperatura non superiore ai 45-50 gradi, per non ucciderlo prima che abbia svolto il suo compito, altrimenti non riuscirà a lievitare l'impasto.
In commercio vi sono anche confezioni di pizza a lievitazione istantanea, con l'agente lievitante già miscelato alla farina. In questo caso non si tratta di organismi viventi ma di una miscela di due o più composti, solitamente una sostanza alcalina, il bicarbonato di sodio, e una sostanza acida, quale il tartrato acido di potassio (il cosiddetto cremor tartaro) o il glucone delta lattone, che in presenza di acqua reagiscono immediatamente producendo CO2. In questo caso verranno a mancare all'impasto quegli aromi che sono tipici dei lieviti e che conferiscono un sapore caratteristico.
Una volta formato il glutine, bisogna impastare. Durante l'impasto le molecole di glutine iniziano a formare delle lunghe catene. Più a lungo s'impasta, più le catene di glutine si allungano allineandosi le une con le altre, creando legami tra loro e formando un complesso reticolo tridimensionale che conferisce elasticità alla pasta. Se il reticolo è sufficientemente fitto, aiutato anche dall'amido parzialmente idratato, sarà in grado di trattenere sotto forma di bollicine l'anidride carbonica formata durante la fermentazione. è per questo motivo che la fase dell'impasto è importantissima per la riuscita di una buona pizza: un impasto frettoloso non permette al glutine di formare il reticolo, e rimane solo una massa informe appiccicosa difficile da stendere sulla teglia. Dopo l'impasto il lievito agisce al meglio lasciando la pasta a riposo a circa 35 gradi.
Anche la percentuale di acqua aggiunta alla farina è importante al fine di far ottenere alla pasta della pizza la consistenza desiderata. Può capitare di aver sbagliato ad aggiungere l'acqua, di avere manipolato la pasta per troppo tempo, o di averla lasciata lievitare troppo poco. In questo caso la pasta è troppo elastica e non ne vuole sapere di essere stesa sulla teglia. Si può risolvere il problema "allentando" un poco il reticolo di glutine aumentando la temperatura. Tra i 60 e gli 80 gradi l'amido comincia a gelificare e le proteine iniziano a denaturare, cioè a cambiare la loro struttura. Mettete per pochi minuti la teglia con la pasta "recalcitrante" nel forno (iniziate a 60 gradi per evitare di seccare la pasta). Dopo il trattamento la pasta sarà meno elastica e si stenderà senza problemi.
Poi, come da copione, aggiungete mozzarella, polpa di pomodoro, un filo d'olio e un pizzico di sale. Infornate, e lasciate che la termodinamica faccia il suo corso.