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Altri articoli di Scienza in Cucina qui su http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/
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Esperimento: Cottura dell’uovo a 65 gradi
Materiale: Uova, acqua, sale
“Non sa neppure far bollire un uovo!” si lamenta a volte qualche moglie del marito, come se bollire un uovo fosse la cosa piu’ semplice del mondo, indice di una misera capacita’ culinaria. Eppure cuocere un uovo in acqua e’ meno semplice di quanto sembri a prima vista.
Un uovo di gallina e’ composto al 74% di acqua, al 12% di proteine e all’11% di grassi con tracce di vitamine, minerali e altre sostanze. Il grasso e’ concentrato esclusivamente nel tuorlo, mentre l’albume e’ sostanzialmente una soluzione al 10% di proteine in acqua.
Sono le proteine, e la loro capacita’ di coagulare all’aumentare della temperatura, che ci permettono di preparare un uovo sodo. Possiamo immaginare le proteine, sia nell’albume che nel tuorlo, come dei gomitoli di lana sospesi in un’oceano d’acqua. Aumentando la temperatura alcune proteine cominciano a “srotolarsi” parzialmente: si “denaturano”. Quando due proteine denaturate si incontrano si possono legare tra loro. A poco a poco si forma un reticolo tridimensionale solido di proteine che intrappola le molecole di acqua al suo interno: e’ avvenuta la coagulazione. Se tuttavia questa procede troppo a lungo, il reticolo proteico diventa cosi’ fitto che “strizza” fuori le molecole di acqua, l’albume assume una consistenza gommosa e poco appetibile mentre il tuorlo diventa secco e quasi sabbioso.
Consiglia Pellegrino Artusi nel suo “La scienza in cucina e l’arte del mangiare bene”:
Le uova a bere fatele bollire due minuti, le uova sode dieci, cominciando a contare dal momento che le gettate nell'acqua bollente; se vi piacciono bazzotte, bastano sei o sette minuti, e in ambedue i casi, appena tolte dal fuoco, le metterete nell'acqua fredda. |
Labels: Uova
di Dario Bressanini [Le Scienze 435]
Pentole & provette. Nuovi orizzonti della gastronomia molecolare.
di Hervé This
I Saggi del Gambero Rosso, 2003, pp. 254 (euro 16,00). Filtrare, riscaldare, raffreddare lentamente o bruscamente, mescolare, portare all'ebollizione, diluire, aggiungere ghiaccio, mettere in frigorifero. Sono gesti di tutti i giorni in un qualsiasi laboratorio chimico in qualunque parte del mondo. E sono le stesse operazioni che chiunque fa in cucina, dal più famoso degli Chef alla massaia. Non a caso, i chimici in laboratorio parlano scherzosamente di "ricette" quando seguono elaborate procedure per sintetizzare una molecola. Non deve stupire, perciò, se un chimico-fisico appassionato di gastronomia decide di mettere la scienza al servizio della buona cucina. Hervé This lavora all'Istitut National de la Recherche Agronomique a Parigi e tiene da anni una rubrica di "scienze in cucina" per Pour la Science, edizione francese di Scientific American. Il suo Pentole & Provette sta diventando rapidamente un testo sacro della "gastronomia molecolare", l'insolita disciplina che studia la buona cucina dal punto di vista dei processi chimici, fisici e biologici che avvengono nelle pentole, nelle padelle e nel resto dell'attrezzatura gastronomica. Può sembrare strano che su Le Scienze si parli di un libro dove maionese, brodo, marmellate e soufflé la fanno da padroni. Ma è almeno altrettanto strano che un testo che descrive la cottura della carne attraverso lareazione di Maillard delle proteine, e l'annerimento della frutta tagliata tramite l'azione della polifenolossidasi sia pubblicato tra i saggi del Gambero Rosso. Eppure Hervé This ci avvisa che non c'è contraddizione: che cos'è la gastronomia se non l'arte dei processi fisici e chimici che avvengono durante la preparazione e la degustazione dei cibi? Il libro è diviso in quattro sezioni composte di agevoli capitoletti di un paio di pagine ciascuno. Nella prima si indaga su detti, proverbi e tradizioni culinarie: è vero che per fare il brodo la carne deve essere immersa nell'acqua fredda? E che i bianchi d'uovo non montano se si cambia senso di rotazione durante l'operazione? E perché si dice che gli gnocchi sono cotti quando vengono a galla? A volte i consigli della tradizione trovano il conforto dell'indagine scientifica, a volte vengono clamorosamente smentiti dall'esperimento, e scopriamo che per preparare un buon brodo è ininfluente la temperatura iniziale dell'acqua. Così come inserire un cucchiaino nel collo di una bottiglia aperta di spumante o champagne non ne impedisce assolutamente la perdita d'effervescenza, nonostante una credenza popolare affermi questo. La seconda sezione esplora la fisiologia del gusto, e veniamo a sapere che la bocca identifica solo cinque sapori: i quattro "classici" (dolce, salato, amaro, acido) più l'ultimo aggiunto, l'umami (termine giapponese che significa semplicemente "gusto"), che potremmo identificare grossolanamente nella sapidità. Sapore per altro già noto da secoli alla cucina orientale che ne sfrutta spesso le caratteristiche aggiungendo ai cibi del glutammato monosodico, stimolatore del gusto umami. La fisiologia del gusto è in realtà più complessa, continua This, perché ad esempio pare esistano ben cinque diversi tipi di "amari", ognuno con dei recettori specifici. La terza parte del libro è dedicata all'esplorazione e alla modellizzazione di molti processi gastronomici: dalla preparazione delle marmellate a quella delle gelatine o della besciamella, dove ci viene suggerito, su basi rigorosamente scientifiche, come evitare la formazione dei grumi, vergogna di ogni cuoco. Il vino ovviamente non poteva sottrarsi alla curiosità scientifica di un chimico-fisico francese, e svariati capitoli gli sono dedicati. La quarta parte, "una cucina per domani" è forse quella più stimolante. Se la scienza è in grado di indagare i meccanismi gastronomici, perché non provare a modificare e migliorare le ricette della tradizione in base alle conoscenze acquisite? O addirittura inventare nuove ricette? Per esempio, la crema Chantilly è una mousse preparata sbattendo la panna con la frusta in un recipiente freddo. Analizzando il processo, This si chiede se si possa creare un "cioccolato Chantilly". E, in un attimo, ecco fatto! Subito preparata una mousse di cioccolato che, contrariamente a quella classica, non ha bisogno di panna fresca o albume montato a neve. Alla fine della lettura del libro rimane solo un piccolo rimpianto: This è francese, e giustamente si addentra nei segreti della gastronomia transalpina, tra foie gras e Champagne, reblochon e quiche lorraine. La cucina italiana è però altrettanto interessante (e gustosa) e sarebbe bello che prima o poi qualcuno ci raccontasse con la stessa passione la chimica del pesto o la termodinamica della pizza...
di Dario Bressanini [Le Scienze 453]
L'impasto e la lievitazione sono fondamentali per la riuscita di uno dei piatti Italiani piu' famosi nel mondo: meglio affidarsi alla chimica e alla termodinamica
di Dario Bressanini [Le Scienze 455]
Consumato da milioni di persone ogni mattina, il caffè fa parte dello stesso gruppo di sostanze naturali della nicotina e della cocaina. Ma per fortuna è assai meno nocivo
Qual è la sostanza, parente della morfina, che ogni mattina milioni di italiani assumono per iniziare la giornata? No, non è uno scherzo: è la caffeina. Il suo nome chimico completo è 1,3,7-trimetilxantina e appartiene al vasto gruppo di sostanze naturali chiamate alcaloidi. A questo gruppo appartengono altre sostanze famose, e tossiche, quali la nicotina e la cocaina. La maggior parte degli alcaloidi ha un effetto fisiologico, e sin dall'antichità furono utilizzati estratti di piante contenenti alcaloidi a scopo medicinale, o come veleni. Fu l'alcaloide coniina nell'estratto di cicuta, per esempio, a uccidere Socrate. Anche la caffeina è tossica, ma solo in grande quantità: la dose letale si stima sia di circa dieci grammi, cioè l'equivalente di 100- 200 tazzine di caffe'. La caffeina è uno stimolante del sistema nervoso centrale. Il corpo però non la accumula, e se ne libera abbastanza velocemente. Le cellule nervose confondono la caffeina con l'adenosina, grazie alla struttura chimica simile. Quando l'adenosina si lega a un recettore in una cellula
nervosa, causa sonnolenza. La caffeina "inganna" la cellula legandosi ai recettori dell'adenosina, ma senza creare sonnolenza.
La "scoperta" del caffè si perde nella notte dei tempi. Secondo una leggenda, l'arbusto cresceva selvatico in Etiopia. Un pastore ne scoprì gli effetti osservando che le sue pecore non dormivano più dopo essersi cibate dei frutti di quell'arbusto. Il caffè arriva a Venezia agli inizi del Seicento, e da lì si diffonde in tutta Europa. La caffeina fu estratta per la prima volta dai chicchi di caffè nel 1819. La stessa sostanza, isolata dalle foglie di tè nel 1827, venne chiamata teina. Solo in seguito i chimici capirono che teina e caffeina erano, in realtà, la stessa molecola. Molti saranno sorpresi di sapere che la caffeina è una polvere cristallina bianca e amara, e non è la responsabile dell'aroma e del sapore del caffè, che derivano da un'incredibile miscela di sostanze complesse presenti nei chicchi, diverse da varieta' a varieta'. è solo dopo la tostatura dei semi verdi, a temperature superiori ai 200 gradi, che il caffe' acquista l'aroma e il colore a cui siamo abituati. La tostatura altera drasticamente la composizione chimica dei chicchi: le proteine e gli zuccheri che vi sono contenuti reagiscono nella reazione di Maillard, formando centinaia di composti volatili che donano al caffè tostato il colore e l'aroma caratteristico. Ma allora, perche' il caffè decaffeinato ha un sapore diverso? A causa del processo di estrazione della caffeina con vari solventi dai chicchi ancora verdi. I solventi organici, quali l'acetato di etile o il diclorometano, purtroppo estraggono anche parte delle sostanze responsabili dell'aroma del caffe'. I processi moderni di decaffeinizzazione, a base di acqua o di CO2, sono più attenti a non togliere dai chicchi le sostanze responsabili dell'aroma. La caffeina non viene tolta completamente, ma è ancora presente sino allo 0,1 per cento. Durante la preparazione del caffè espresso, una piccola quantità d'acqua calda ad alta pressione viene rapidamente a contatto con il caffè macinato, estraendone le sostanze aromatiche.
La rapidità del processo fa sì che una tazzina di caffè espresso contenga meno caffeina di una preparata con la caffettiera (circa 80 milligrammi contro 150). In più, a differenza di altri metodi di preparazione, un espresso contiene sostanze grasse che creano minuscole goccioline di oli essenziali che si fissano alla lingua e al palato e che donano all'espresso la tipica sensazione di cremosita'. è per questo che il sapore dell'espresso persiste più a lungo in bocca, e per toglierlo è più efficace il latte dell'acqua, per la maggiore affinità con i grassi.
Labels: caffe